Scrivo questo articolo dopo aver concluso una bella iniziativa che abbiamo organizzato per Toscotec dal titolo "Tissue Planet - Future Insights". Un evento di tre giorni in cui si sono ritrovate a Lucca le più grandi cartiere del mondo e i maggiori esperti del settore per condividere le loro esperienze e confrontarsi sul tema della sostenibilità.
Sostenibilità che, per chi fa comunicazione, è diventata una parola pericolosa. Non dico truffaldina (ovviamente non lo è), ma non si tratta nemmeno di una parola magica che spalanca le porte del profitto e dell’etica d’impresa. La sostenibilità oggi, per molti, è una grandissima trappola. Ma non per sempre. Lo sarà soltanto finché non riusciremo a comprendere il suo significato profondo, o per essere più precisi, i suoi molteplici significati.
Partiamo dal presupposto, indiscutibile, per cui il clima sta cambiando e, di conseguenza, anche l’ecosistema di riferimento. In questo nuovo asset è naturale che le imprese vogliano cambiare. Anzi, devono cambiare.
Le principali forze di cambiamento di qualsiasi business sono tre:
Se sui governi, oltre al dovere di andare a votare, possiamo discutere ben poco; e se sui prezzi non possiamo che rassegnarci e riflettere sulle nostre scelte d’acquisto; per uno che lavora in comunicazione, tutto ricade sull’ultimo fattore: il consumatore. O il cliente, il target, come volete voi.
Che cosa significa, per questo strano agente modificatore e modificante, la parola “sostenibilità"? E cos’è per lui l’impatto ambientale?
Proprio durante Tissue Planet - Future Insights, c’è stato un’interessante intervento di Nielsen IQ che mi dà lo spunto per togliermi subito il dente più dolente: secondo le ricerche Nielsen, svolte nel 2017 e poi nel 2022, a distanza di cinque anni, per molte persone è diventato più difficile fare scelte d'acquisto sostenibili in modo consapevole.
Ma come è possibile, penso io, con il bombardamento di pubblicità ecologiste, con tutto lo sforzo del marketing di usare il verde nei manifesti e il cartone al naturale nel packaging, è davvero possibile che il concetto non sia ancora passato?
Beh, qui tocca abbassare il capo e assumersi un po’ di responsabilità, assieme alle imprese che hanno dimenticato davvero cosa significa fare impresa.
Riprendiamo un concetto, discusso e ridiscusso, di Friedman, premio Nobel per l’economia nel 1976: “Negli affari, c’è solo una e una sola responsabilità sociale: usare le proprie risorse e affrontare le attività economiche in modo da aumentare i profitti sempre con l’ovvio presupposto del rispetto delle regole del gioco, vale a dire dell’obbligo di impegnarsi in una aperta e libera competizione, senza inganno e senza frode.”
Non v’è dubbio che questa frase, nel bene e, a conti fatti, soprattutto nel male, abbia guidato l’economia di questi anni senza prendere troppo in considerazione alcuni elementi di cui abbiamo capito l’importanza solamente poco tempo fa: l'ecosistema, la natura e le persone.
Ma come facciamo adesso?
Nessuno può negare che lo scopo di qualsiasi azienda sia il profitto, ma se fossero cambiate le regole del gioco, come possiamo ancora giocare? Come possiamo inserire questi nuovi fattori all’interno delle politiche aziendali, e soprattutto, come possiamo comunicare queste nuove e necessarie strade intraprese?
Ecco, i comunicatori, noi i primis, dovremo fare questo. Comprendere prima e comunicare poi, nel migliore dei modi, i cambiamenti reali che l’azienda ha intrapreso, o intraprenderà, in favore di una maggiore sostenibilità ambientale, economica o sociale che sia.
Di nuovo mi servirò dei dati NelsenIQ 2023 Sustainability on Global Q.
In base a persone diverse, sostenibilità significa diverse cose.
Innanzitutto, più della metà (62%) si trova d’accordo col dire che questa parola ha a che fare con la riduzione dell’inquinamento e la cura dell’ambiente. E il 61% condivide anche il concetto di sostenibilità come la protezione delle risorse naturali.
Ma dopo queste due definizioni, ce ne sono molte altre, che i consumatori associano alla sostenibilità:
Questo fa capire quanto il quadro della sostenibilità sia complesso e quanto sia difficile comunicarla in maniera adeguata.
Inoltre, nonostante sia uno dei fattori considerati al momento dell’acquisto, continua ad essere raro che la maggioranza dei consumatori scelga un prodotto sostenibile. E se a determinare questa difficoltà è il prezzo eccessivo o la produzione limitata, ci sono due cose su cui bisogna fare molta attenzione: la prima è che spesso la comunicazione sulle politiche sostenibili è confusa, le etichette sono poco chiare, e le narrazioni sono troppo condite dal linguaggio seducente di un marketing stereotipato, l’altra è che c’è grande sfiducia verso le narrazioni ecologiste e sociali dei brand, poiché c'è l’impressione che si sfruttino le cause esclusivamente per un vantaggio reputazionale.
Ma lo sappiamo tutti, sposare una causa è molto di più di saperla raccontare bene. Bisogna affidarsi a persone competenti, bisogna avere chiarezza su come funziona veramente un progetto sostenibile, e solo dopo possiamo permetterci di tradurlo nel linguaggio più efficace e opportuno. E bisogna anche saper arrendersi, se il brand di cui si deve comunicare, non ha ancora intrapreso una strada più etica e sostenibile e non è pronto per avventurasi in iniziative di questo tipo.
Se mai il marketing e la comunicazione può avere il potere di cambiare le cose, non dovrebbe essere solo nell’influenzare le scelte dei consumatori, ma anche di convincere gli imprenditori che la sostenibilità si può comunicare solo dopo che si è sostenibili davvero o almeno dopo aver intrapreso un viaggio che punta dritto l’obiettivo.
E se questa parola sta assumendo così tanta importanza, e se a questa parola vogliamo affidare il futuro, allora dobbiamo muoverci tutti insieme nella sua direzione per provare a capirla, per renderla chiara e traducibile in una comunicazione onesta ed efficace.
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